«Gli uomini che vogliono essere femministi non hanno bisogno di avere spazio nel femminismo. Hanno bisogno di prendere lo spazio che hanno nella società e renderlo femminista» diceva Kelly Temple e non a torto: quello spazio a cui si riferisce continua infatti ad essere maneggiato da poteri che fanno male in primo luogo agli uomini, privandoli di una meravigliosa serie di possibilità.
Un concetto che pari ancora ben lungi dall’essere condiviso. Tendenza comune, frutto dell’ignoranza, è infatti pensare che il femminismo sia una mera questione femminile; una rappresentazione estremista antitetica al maschilismo, avente come obiettivo il rovesciamento dei ruoli e la dominazione della donna sull’uomo. Nulla di più lontano dalla realtà.
Per quanto il suffisso sia simile, maschilismo e femminismo non hanno nulla a che spartire: il primo vede la dominazione di un genere sull’altro, mentre il secondo punta ad una parità sostanziale (non solo formale) tra i due sessi, al fine di permettere a ogni individuo di vivere meglio secondo la sua personale sensibilità e raggiungendo gli obiettivi che si è prefissato con le medesime premesse che hanno avuto tutti gli altri.
Il femminismo, in tal senso, si avvicina assai di più al concetto di meritocrazia e lotta per dei diritti che vengono attualmente assicurati ad una fetta esigua di popolazione, mirando al pieno rispetto dell’equità e non dell’uguaglianza.
Il maschilismo, riflesso del sistema patriarcale si rivela dannoso non solo per la donna: nella fetta esigua a cui ho appena fatto riferimento, non rientrano neanche moltissimi uomini.
La mascolinità tossica, per esempio, è uno dei modi in cui la società patriarcale danneggia gli uomini ed è relativa a tutti quegli atteggiamenti costruiti socialmente che descrivono il ruolo di genere mascolino come violento, non emotivo, sessualmente aggressivo, ecc.,…
Soprendente è come tale imposizione sia avvertita in quanto – giustamente – dolorosa ed inadatta da molti esponenti del genere maschile, eppure non vi sia ancora un movimento dei diritti degli uomini stabile e riconosciuto; ma anche, come i pochi esistenti portino a baluardo un atteggiamento anti-femminista: il femminismo potrebbe, anzi essere l’unico alleato valevole di una tale mission.
Ma vogliamo fare alcuni esempi pratici dei danni che il sistema patriarcale reca agli uomini?
-La concezione che le interazioni maschio-femmina siano in un’ottica competitiva e non di cooperazione genera costanti ed insulsi conflitti.
-Il Vero “Uomo”, per essere considerato tale, deve per forza essere forte ed escludere dalla sua vita qualsiasi forma di debolezza/emozione. In tutto ciò, la rabbia parrebbe essere l’unica eccezione.
-L’idea insinuosa, secondo cui gli uomini non possono veramente comprendere le donne e vice versa. Convincendoci che nessuna vera amicizia si possa sviluppare tra sessi differenti.
-Un “Vero Uomo” non può essere vittima di abuso e parlarne risulterebbe motivo di vergogna.
-L’idea che l’uomo sia sempre interessato al sesso: egli è limitato in un pensiero fisso ed univoco, che non lo rende razionale. Ciò stereotipizza persone differenti, costrette spesso ad adeguarsi ad un sistema che non sentono proprio.
-L’idea che i “Veri Uomini” debbano essere preparati ad essere violenti, anche quando la situazione non lo richiede. Schiacciando così differenti propensioni e caratteri; creando situazioni spiacevoli e non pochi malesseri interiori.
-La gestione dei figli a seguito di un divorzio, vede il padre spesso in una posizione inferiore rispetto alla madre. Si assume che sia la donna ad occuparsene, invece di esaminare ogni caso singolarmente. Lo svantaggio per l’uomo pare evidente.
-Il mito che gli uomini non sono interessati nella genitorialità e che siano intrinsecamente mal-predisposti per fare i padri single, vincola gli uomini nelle scelte personali.
-Gli uomini vengono ancora scoraggiati dall’essere parte integrante della vita dei figli, con tutte le ripercussioni che ne conseguono.
-Nel patriarcato, un uomo non dovrebbe avere interesse nell’aspetto esterno, cosmetica, abbigliamento, moda.
– Si pretende che l’uomo non debba mai avere bisogno di aiuto e non si accetta che possa non sapere (/fare) qualcosa. Causando spesso disagi e un senso di forte solitudine.
Questi, sono solo alcuni dei mille esempi che si possono fare rispetto alla mascolinità tossica che pervade la nostra società.
Si sente tanto parlare ultimamente di una crisi dell’uomo tradizionale, ma non credo per nulla che questa sia in atto. Anzi. Gli uomini occupano ancora quantitativamente la schiacciante maggioranza delle posizioni apicali di quasi tutte le società occidentali e ci ritroviamo ancora ad esultare per deboli segnali in controtendenza: il patriarcato non sta per nulla giungendo alla fine, ma si sta trasformando come ha sempre fatto da parecchi secoli a questa parte, per continuare a mantenere solida la gerarchia tra generi e orientamenti che non smette di sovrastare la vita di tutti… Ossia, prima gli uomini eterosessuali forti e standardizzati, poi tutto il resto.
L’uomo viene preso fin da bambino e gettato in una rete di rapporti e relazioni “agonistiche”, al fine di definirlo: deve essere il più bravo, il più forte, quello di più successo, con più donne e denaro, con più potere. Così facendo, si perde una rete di relazioni molto più profonde e solide di quelle basate sui feticci di potere.
Potrebbe davvero esistere una rete che permetta agli uomini di costruire un’ identità maschile molto più solida e salutare di quell’aberrante fonte di continue frustrazioni che è la virilità, nelle sue tante declinazioni: “l’ uomo forte”, il passivo-aggressivo, il maschio latino, il “buon padre di famiglia”, il romantico galante, il macho, l’intellettuale alla moda.
Non è forse giunto il momento di lavorarci su e cambiare questo sciocco sistema… Insieme?